giovedì 26 marzo 2015

LORO VOGLIONO UNA CLASSE OPERAI CHE STIA IN SILENZIO! E TU CHE FAI?

LA CLASSE POLITICA VUOLE UNA CLASSE OPERAIA CHE STIA IN SILENZIO



 Il silenzio degli operai, quasi invisibili con i loro problemi in campagna elettorale
Per quanto riguarda gli operai, invece, il loro sconcertante silenzio e la loro apparente irrilevanza stupiscono, essendo fra i più colpiti dalla crisi indotta, dalla disoccupazione conseguente e dalle misure antisociali del governi Berlusconi,Monti,Renzi, appoggiato convintamente dalla sinistra rinnegata pidiina. Oggi sono più attivi, più contrastivi e vitali i nuclei di piccoli imprenditori inferociti, ad un passo dalla rovina, che sostengono il pagliaccesco neoliberista. Quegli stessi imprenditori che anni addietro, quando ancora i momenti più bui della crisi erano una vaga prospettiva, sostenevano con convinzione il liberismo estremo, l’espansione e il dominio incontrastato dei mercati per una libera iniziativa privata senza lacci e lacciuoli. O che magari spostavano risorse dalla produzione e dall’innovazione nei cicli produttivi e dei prodotti alle lucrose attività finanziarie. Gli operai invece, abbandonati da una sinistra che ha cercato nuovi, potentissimi padroni dopo il collasso sovietico, saltando definitivamente dall’altra parte della barricata, già da anni sopravvivono ai rigori sociali imposti dal neocapitalismo dominante come orfani che cercano un riferimento (politico) e una tutela che hanno perduto. Nel 2008, a nord, è stata la lega di Bossi ad attrarre il loro consenso, in un tentativo di trovare rappresentanza per i propri interessi. Ma anche in tal caso gli operai non hanno goduto di alcuna vera rappresentatività, come gruppo ormai invisibile a livello politico e non più come storica classe del vecchio ordine sociale. Pur al governo con il Berlusconi IV e determinante per la sopravvivenza di quel esecutivo, la lega beneficiata dal voto operaio non ha impedito il dilagare della disoccupazione, nel settentrione del paese, e non ha contrastato (come tutti, del resto, nella maggioranza e nell’opposizione di allora) la grande offensiva marchionnista contro il contratto nazionale di lavoro. Dopo questa delusione, amplificata di recente dalle inchieste della magistratura che hanno investito i vertici della lega a partire dal suo segretario amministrativo (Belsito), è probabile che il voto degli operai abbandonati a se stessi anche sul versante sindacale (fiom e cgil sostengono il pd, il sel e il cs che hanno in serbo la continuazione delle politiche euromontiane) si disperda in molti rivoli, se non prevarrà una chiara scelta astensionista. Unico vero testimonial della condizione operaia in Italia è il piccolissimo e ininfluente Partito Comunista dei Lavoratori del professor Tiziano Ferrando, che può sperare in paio di centinaia di migliaia di voti, non tutti operai. L’inquietante silenzio del lavoro operaio penalizzato in termini di redditi, posti di lavoro e diritti, in questa campagna elettorale un po’ surreale e in gran parte mediatica, può non significare che il neocapitalismo, attraverso le sue regole, i suoi partiti e i suoi sindacati, è riuscito a piegare definitivamente gli operai orfani dell’omonima classe, riducendoli sempre di più a neoschiavi rassegnati.  Che si tratti, invece, della classica quiete prima di una storica (e destabilizzante) tempesta sociale, non limitata al nostro paese?




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