Nota sulle trivellazioni
24 mila chilometri quadrati, un’area grande come la
Sardegna, passa nella disponibilità delle compagnie petrolifere, dall’Adriatico
centro-meridionale allo Jonio, al Canale di Sicilia. Un attacco senza
precedenti alle risorse paesaggistiche e della marineria italiane, mentre
Regioni, Provincie (per quel che ne rimane)e Comuni non contano nulla sul piano
decisionale.L’art.38 del decreto denominato sblocca- Italia rischia di
distruggere quel tanto che si è ancora salvato delle nostre risorse naturali. Lo stesso governo della Regione Sicilia sta
avallando questo scempio per interessi clientelari territoriali poiché
l’attività delle piattaforme petrolifere darebbe fiato alla industria di
estrazione finalizzata agli impianti di Gela (città natale del presidente
Crocetta).Nonostante la presa di posizione della commissione ambiente dell’ARS
e nonostante l’ordine del giorno votato in Senato nella seduta del 3 marzo che
impegnava il governo nazionale a non rilasciare nuove autorizzazioni relative
alle attività di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio di
idrocarburi, oggi, anche per effetto di una sentenza del TAR del Lazio che ha
respinto i ricorsi di comuni ed associazioni ambientalistiche, le
autorizzazioni stanno per essere rilasciate con la motivazione che non si
prevedono impatti significativi sugli habitat delle zone interessate. Ma, quelli
che giustificano tutto questo sanno che un anno di estrazione nell’area
siciliana, solo per fare un esempio, equivale ad un solo giorno di consumo in
Italia, con un prezzo ambientale che, al contrario, è elevatissimo? Infatti i
progetti di esplorazione e trivellazione in mare, per le tecniche usate, distruggono
l’ecosistema e la biodiversità marina.
Durante la sua vita una singola piattaforma può scaricare
nel mare 90.000 tonnellate di fluido di perforazione e frammenti di metallo, perforare
fra i 50-100 pozzi, ognuno dei quali rilascia in mare 11 tonnellate di metalli
tossici, dovendo smaltire rifiuti solidi e liquidi ed emettendo nell’acqua e
nell’aria ossigeno, vapore d’acqua, ossidi di azoto e monossido di carbonio, oli
minerali, arsenico, cadmio, cromo mercurio, nichel, piombo e potenti agenti
cancerogeni come toluene, benzene e xilene. Tutto questo per non parlare degli
incidenti, assai frequenti, e delle perdite fisiologiche del petrolio durante
l’estrazione (circa il 5%).Poiché, per quel che ci riguarda più da vicino, il
tratto di mare interessato dalle prospezioni prima e dall’estrazione poi, si
estende da Pozzallo fino a Marzamemi e Portopalo, c’è anche da considerare
l’effetto che tutto ciò può avere sul turismo e sulla pesca di quest’area. Tutto
questo mentre in tutto il mondo crescono le attività sulle fonti rinnovabili, fonti
pulite che sono ignorate dalle politiche energetiche a livello nazionale, a
partire dalla Strategia energetica nazionale. Ancora non è troppo tardi per
evitare il peggio, è necessario, però, che i cittadini reagiscano attraverso
una più decisa mobilitazione che dia un forte segnale a chi ci governa.
On. RAFFAELE GENTILE
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